Dopo aver parlato del diaframma e dei tempi di posa, il terzo elemento fondamentale da capire per gestire al meglio la nostra macchina fotografica è la sensibilità.
Il concetto di sensibilità nasce come caratteristica propria della pellicola nella fotografia analogica, ma trova riscontro anche nella fotografia digitale, se pur con qualche differenza concettuale.
Origine
Nella fotografia analogica, la sensibilità di una pellicola è una caratteristica legata alla sua composizione chimica. La pellicola infatti è costituita da una miscela di cristalli di Alogenuri di argento: questi cristalli hanno la capacità di modificarsi dopo esser stati colpiti da una radiazione luminosa. Con il successivo “sviluppo”, tramite agenti chimici, i cristalli colpiti dalla luce si trasformano in “granuli” di argento colloidale “nero”, rivelando l’immagine impressa sulla pellicola.
Quando si parla di “grana di una pellicola” ci si riferisce proprio a questi granuli, la cui dimensione determina la sensibilità alla luce e il potere risolvente della pellicola.
Una grana fine ha un elevato potere risolvente (la capacità di riprodurre dettaglio), ma la quantità di luce che raggiunge ogni grano è poca (bassa sensibilità). Al contrario, una grana grossa ha un potere risolvente inferiore, ma ogni granulo viene colpito da una maggiore quantità di luce (alta sensibilità).
In sostanza, con l’aumentare della dimensione dei grani, aumenta la sensibilità alla luce, ma diminuisce la definizione dell’immagine.
A parità di diaframma impostato, una alta sensibilità alla luce rende possibile usare un tempo di posa più breve, infatti una pellicola con alta sensibilità veniva anche chiamata pellicola “veloce”. Al contrario ci si riferiva ad una pellicola con sensibilità bassa come “lenta”, perché rende necessario un tempo di posa più lungo.
Sensibilità digitale
Nella fotografia digitale il sensore prende il posto della pellicola, e i pixels che lo compongono assumono il ruolo dei grani. Il sensore però non ha modo di variare la dimensione dei pixels, ma è in grado di amplificare elettronicamente il segnale che ricevono (come quando si alza il gain di un amplificatore audio).
Questa amplificazione digitale ci permette di ottenere una foto esposta correttamente anche in condizioni di scarsa luminosità (esattamente come usare una pellicola con grana grossa).
La scala
Come il diaframma ed il tempo di posa, anche la sensibilità segue una scala di valori standard: la scala ISO.
I valori sono i seguenti:
… 50 100 200 400 800 1600 3200 6400 12800 …
Tra un valore ed il successivo della scala, la sensibilità alla luce si dimezza o raddoppia. Analogamente alla scala dei diaframmi e a quella dei tempi di posa, quindi, l’intervallo tra un valore e l’altro è di 1 stop.
Valori intermedi
Come per le scale dei diaframmi e dei tempi, anche per la scala della sensibilità ISO esistono dei valori intermedi tra uno stop e l’altro, a passi di 1/3 di stop:
… 50 64 80 100 125 160 200 250 320 400 500 640 800 1000 1250 1600 2000 2500 3200 4000 5000 6400 8000 10000 12800 …
Per qualche ragione, a differenza di tempi e diaframmi, non esiste la scala a passi di ½ stop.
Rumore
Come una pellicola ad alta sensibilità ha un basso potere risolvente, e genera quindi una immagine “sgranata”, anche usare un alto valore di sensibilità su una macchina digitale genera una immagine degradata. Questo perché l’amplificazione elettronica ha l’effetto collaterale di introdurre “rumore” digitale.
La quantità (e qualità) del rumore digitale, dipende da diversi fattori, tra cui:
- la dimensione dei pixels: più sono piccoli e vicini tra loro, maggiore sarà il rumore.
- la qualità del sensore e degli algoritmi che processano il segnale e l’immagine: una macchina economica generalmente avrà più rumore di una di buona qualità.
Ecco una comparazione tra diversi valori ISO per una Canon 5D Mark III:
E in versione animata:
La differenza è ancora più evidente se compariamo un ingrandimento di queste immagini:
E in versione animata:
Si possono identificare due categorie di rumore:
- Cromatico: si presenta come una costellazione di puntini colorati.
- Di luminanza: è la grana vera e propria, simile a quella analogica.
ISO nativi
Ogni macchina fotografica digitale ha un valore di ISO nativo, ovvero il valore di base, da cui vengono ricavati tutti gli altri valori tramite quell’amplificazione elettronica di cui abbiamo parlato. Di solito il valore di ISO nativo è il più basso impostabile.
Uno dei vantaggi di usare il valore di ISO nativo è quello di sfruttare al massimo la gamma dinamica che la nostra macchina può offrire, e di ridurre al minimo il rumore.
Esempi pratici
Come regola, conviene utilizzare sempre il valore di ISO più basso possibile, per ottenere la qualità d’immagine più alta che la nostra macchina può offrire.
A volte questo non è possibile, ad esempio in condizioni di scarsa luminosità, o con un soggetto in movimento, o quando vogliamo chiudere molto il diaframma ma non disponiamo di un cavalletto. In questi casi siamo quindi obbligati ad alzare gli ISO, per ottenere una corretta esposizione.
Con le macchine digitali moderne, si riesce ad ottenere dei buoni risultati anche fino a 800-1600 ISO. In alcuni casi sono usabili anche file scattati a 3200 o addirittura 6400 ISO, ma il rumore è molto evidente, e gli interventi di post-produzione diventano molto più difficili. 12800 ISO e oltre, sono valori assolutamente sconsigliati, che generano immagini di qualità assolutamente scadente.
Vecchie scale
La scala attualmente universalmente adottata per indicare la sensibilità è, come abbiamo visto, la scala ISO. Nel passato sono state usate diverse altre scale, le più famose erano:
- DIN: Nata in Germania nel 1934, è una scala logaritmica, nella quale un aumento di 3 punti corrisponde ad un raddoppio di sensibilità (+1 stop), in modo simile alla scala decibel. I valori venivano indicati in gradi, ad esempio: 21°, 24°, 27°…
- ASA: Nata negli USA nei 1943, ha subito diverse revisioni nel corso degli anni. È una scala lineare, dove un raddoppio del numero ASA, corrisponde ad un raddoppio di sensibilità (+1 stop), esattamente come nella attuale scala ISO.
Dal 1974 le scale DIN e ASA sono state unificate nella scala ISO (anch’essa soggetta a diverse revisioni nel corso degli anni). Lo standard ISO del 1987 definisce infatti due scale, una lineare e una logaritmica, che corrispondono rispettivamente alla scala ASA e a quella DIN.
I valori vengono indicati nella forma ASA/DIN, ad esempio:
… 100/21° 200/24° 400/27° 800/30° …
Ma nell’uso comune solitamente non viene indicata la scala logaritmica, lasciando solo la parte lineare (corrispondente alla scala ASA):
… 100 200 400 800 …